sabato 2 marzo 2013

L'elefante che si credeva una farfalla (seconda parte)


 Conclusione del racconto per piccoliBambini e grandiAdulti.


   Nei giorni successivi Lulù tornò. La simpatia che Leo aveva provato per lei già dal primo incontro, si rafforzò. I due si intendevano; la farfallina, con le sue parole discrete e gentili, riusciva a mettere a suo agio l'elefante, che parlava liberamente di sé, le raccontava il suo passato, le confidava le sua aspirazioni. E Lulù, a sua volta, parlava di lei, delle altre farfalle, della loro vita. Erano diventati amici. 
Leo non aveva abbandonato il suo principale obiettivo. Continuava imperterrito a provare e riprovare a salire sui fiori. Lo faceva tranquillamente anche in presenza di Lulù; non aveva più motivo di vergognarsene; lei rispettava questa sua stranezza ma non gli nascondeva la sua perplessità.


"Non credo, Leo, che sia una cosa possibile," gli ripeteva con molta onestà, "Tu, così grosso e pesante... come può un fiorellino sostenerti?"
Lui era irremovibile. "Ci riuscirò" le rispondeva quasi sottovoce, per convincere più se stesso che l'amica.
Capitava che Lulù, nelle sue visite praticamente giornaliere, portasse con sé qualche compagna. In quelle circostanze Leo appariva più abbottonato. Non si fidava delle altre farfalle, le trovava frivole e ne temeva il giudizio. Raramente, in loro presenza, si produceva nelle sue strampalate esercitazioni.
Però, col tempo, i rapporti tra Leo e le farfalle si fecero più distesi. Di tanto in tanto l'elefante si avvicinava a loro e scambiava qualche battuta un po' con tutte. In fin dei conti, erano sempre garbate e carine con lui. In realtà ogni tanto si accorgeva di qualche sorrisino ironico che alcune di loro si scambiavano, ma non gli dava importanza. Ne aveva parlato con Lulù e aveva capito che forse avevano le loro ragioni per trovarlo un po' ridicolo e, tra di loro, scherzarci su. Ma non lo facevano con malignità.
Un giorno Lulù non andò a trovare l'amico. Leo non se ne preoccupò tanto, anche se ormai le visite quotidiane erano un'abitudine consolidata. Però notò un movimento anomalo in lontananza, da parte delle altre farfalle. Si portò incuriosito verso di loro. C'era confusione e brusio. Leo riuscì a distinguere qualche parola qua e là, in mezzo al caos: "fattoria"... "retino"... "catturata"... "spillone". 
Turbato, si fece strada: "Ma cosa è successo? Dov'è Lulù?" 
"L'hanno presa, quelli della fattoria...", rispose una voce spaventata in mezzo al gruppo.
"Come sarebbe?" esclamò Leo incredulo.
Le voci si accavallarono: "Uno dei giovani l'ha catturata con un retino", "La infilzeranno con uno spillo, per la loro collezione", "Chissà se è ancora viva...".
Leo aveva sentito parlare da Lulù e dalle altre farfalle della fattoria abitata dagli uomini a poca distanza da lì. Ma non aveva mai visto nessun essere umano in zona. Non aveva mai pensato che ciò potesse essere causa di qualche fastidio. In pochi istanti  realizzò che era successo qualcosa di grave. Sentì dentro di sé una vampata di paura e rabbia. Una energia possente, che aveva dimenticato di avere, esplose dentro di lui. Si sollevò su due zampe irrompendo in un barrito feroce, come per raccogliere tutta la potenza che si sprigionava nel suo corpo. E iniziò a correre, con furia straordinaria, verso la fattoria. La nuvola di farfalle lo seguiva, senza però riuscire a stargli appresso.  In poco tempo l'elefante si ritrovò di fronte alla fattoria. Non c'era nessuno intorno. Attraversò il vasto cortile fino all'ingresso della costruzione nella quale abitavano gli esseri umani. Scorse, affacciata alla finestra, una donna terrorizzata e dietro di lei altre figure che lo osservavano sbigottite. Andò con decisione verso il portone d'ingresso. Con un colpo secco della proboscide lo fece a pezzi. Per quanto l'accesso fosse ampio, la sua mole non gli permetteva di passare. Con qualche altra sferzata di proboscide ne allargò ancora l'apertura, spaccando i sostegni in muratura. Vi si buttò dentro, forzando ulteriormente l'impalcatura e riuscì ad entrare. Si trovò in un grande locale, dove tutti i membri della famiglia assistevano nel panico alla scena. Le donne urlavano stringendosi l'una all'altra. Un uomo anziano, sicuramente il capofamiglia, aveva imbracciato un fucile e glielo puntava contro intenzionato a sparargli un colpo fatale. L'elefante se ne accorse, con un balzo imprevedibile si portò di fronte all'uomo e, senza dargli il tempo di reagire, con la proboscide gli strappò dalle mani il fucile e lo scaraventò fuori dalla porta divelta. L'anziano e altri due maschi più giovani rimasero impietriti senza sapere cosa fare, gli altri componenti della famiglia, alcune donne, un bambino e un adolescente, fuggirono nelle stanze retrostanti. Leo barrì contro di loro incrementandone la paura, poi si guardò intorno e subito individuò in un angolo del locale una gabbietta di metallo. Vi si avvicinò e vide al suo interno Lulù. Con la punta tremolante della proboscide cercò il modo di aprire la gabbia. Con un gesto delicatissimo sbloccò un minuscolo chiavistello e aprì la porticina. Lulù uscì. Era visibilmente spaventata, ma stava bene. "Grazie amico", disse a Leo. Lui era ancora stravolto e colmo di collera.
"Che dici se ce ne andiamo?" Gli propose la farfallina. L'elefante si girò verso gli umani che non capivano le sue intenzioni e osservavano la scena senza parole. Emise ancora un barrito furioso verso di loro che retrocedettero temendo una sua azione violenta. Poi si girò verso Lulù, "Andiamo" le disse. Le porse la proboscide, lei vi si adagiò, e uscirono con passo sostenuto. Fuori erano arrivate tutte le altre farfalle che da lontano avevano seguito gli eventi. Ora esultavano, al passaggio di Leo e Lulù, vedendola sana e salva. Si accodarono a loro e tutti insieme presero la strada del ritorno. Nella fattoria,  la famiglia di umani guardava sollevata quel singolare corteo allontanarsi, senza la minima intenzione di inseguirlo. 
Le cose tornarono presto alla normalità. Le farfalle ripresero la loro vita lieve, svolazzando qua e là con la solita grazia. Leo ne osservava le movenze estasiato. Tra l'elefante e gli insetti si era consolidato uno stretto legame di fiducia reciproca. Le piccole creature volanti si sentivano protette dal loro imponente amico. Non solo Lulù, ma tutte quante provavano nei suoi confronti un senso di profonda gratitudine che traspariva nei modi accoglienti e festosi con cui lo trattavano.
Leo stava bene con loro. Per la prima volta nella sua vita si sentiva pienamente felice. E la cosa strana era che non aveva più il desiderio di volare e di librarsi da un fiore all'altro. Non era una rinuncia a una pretesa impossibile, semplicemente quell'ambizione che aveva avuto per tanto tempo si era dissolta nell'aria. Una nuova consapevolezza era nata in lui. Non aveva bisogno di volare, era contento del suo aspetto voluminoso e massiccio, era contento di essere energico, agile e robusto. Era contento della sua eclettica proboscide che aveva la forza necessaria per sradicare un grosso tronco e anche la raffinata precisione per calibrare una spinta leggera come un soffio, capace di aiutare uno scarabeo che si ritrovava a pancia in su e agitava ansiosamente le zampette a riacquistare la giusta posizione e riprendere, trotterellando, il proprio cammino, già dimentico della piccola disavventura, pronto ad affrontare, instancabile, gli straordinari misteri della natura.

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